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SIAECM Salute e Sicurezza sul Lavoro -  Intervista esclusiva a Claudio CAPONETTO

INTERVISTA A CLAUDIO CAPONETTO

Siamo abituati a constatare

l'incidente, non a prevenirlo

Manca ancora una visione unitaria del problema

      “Mi sono sempre posto - ed ho posto - una domanda di fondo: ci sono norme di sicurezza sul lavoro che sono state pensate e fatte per mantenerti in salute ed in vita; secondo quale logica, allora, devi infrangerle e, poi, essere condannato perché tu le rispetti? Non ha davvero nessun senso logico. La verità è che dobbiamo ancora riuscire a creare una cultura della sicurezza sul posto di lavoro. Siamo ancora abituati a constatare l’incidente quando avviene e non, invece, a prevenirlo. Così come un’altra verità è che, nonostante tutte le norme che si sono fatte, c’è da prendere atto, in generale, di una netta involuzione per quanto riguarda il problema della sicurezza sul lavoro. 
E questo, perché continua ad esserci una visione non unitaria del problema”
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SIAECM Progetto Cultura della Sicurezza - Claudio Caponetto

Chi parla è Claudio Caponetto. E come sempre, parla con estrema chiarezza e senza minimamente indorare la pillola.

Novant’anni portati magnificamente sul piano fisico e splendidamente sul piano della lucidità intellettiva ed intellettuale e dell’acutezza di analisi, Claudio Caponetto è un personaggio storico e che ha contribuito in modo davvero determinante a fare la storia dell’Italia repubblicana in fatto di tematiche che riguardano il mondo del lavoro.

Per un quarantennio alto dirigente del ministero del Lavoro (del quale per diciassette anni è stato direttore generale), dopo solo undici mesi che era andato in pensione (gennaio 1984) Caponetto fu nominato, il 22 dicembre del 1984, consigliere della Corte dei Conti (e, tra l’altro, porta la firma sua il progetto, poi approvato, di riforma di questo organismo) ed infine, nell’agosto del 1987, l’allora ministro della Sanità Carlo Donat Cattin lo chiamò a ricoprire l'incarico di capo di Gabinetto.

Anche in questa veste, Caponetto non dimentica affatto il suo “amore” di una vita, dedicando estrema attenzione ed infinite energie alla complessa tematica e problematica della salute e della sicurezza sul posto di lavoro.

E continua ancor’oggi, visto che da tempo è, in seno a “S.I.A.E.C.M.”, il direttore di quell’Osservatorio sulle Devianze e la Criminalità che riserba sempre una grande attenzione alle problematiche connesse alle “morti bianche”.

Del resto, l’attenzione e la passione di Caponetto verso il mondo del lavoro parte da lontano: da quel 1944-45 che vedeva l’Italia vivere prima gli ultimi, drammatici colpi di coda di una tragica guerra e, poi, l’euforia un po’ caotica conseguente alla liberazione da parte degli anglo-americani ed ai primi passi verso la democrazia.

E’ allora che il giovane Caponetto scopre e rimane fortemente colpito da come l’amministrazione militare americana imposta le norme e la struttura operativa relative a quello che oggi chiameremmo il “mercato del lavoro”.

Oggi a noi, figli del nostro tempo, può sembrare tutto molto scontato: la libertà, la democrazia, il pluralismo, i partiti politici, i sindacati. Ma per i giovani di sessantacinque anni fa, figli di un tempo che aveva visto solo il fascismo e le corporazioni, scoprire che i soldati americani e inglesi avevano portato nei loro zaini non solo il concetto e le strutture per rendere operativa la libertà (democrazia, pluralismo, libertà di associazione), ma anche un modo tutto nuovo di concepire i rapporti sociali all’interno del mondo del lavoro (primo fra tutti, il sindacato), rappresentò davvero uno choc, anche se esaltante.

“Dalle corporazioni del fascismo
al sindacato della democrazia”

“ Si tenga presente - ci dice Caponetto - che nel ventennio l’apparato burocratico più marcatamente di stampo fascista era proprio quello del ministero del Lavoro. Non a caso questo dicastero (che aveva allora la dizione ufficiale di ministero delle Corporazioni) era retto in prima persona da Mussolini. E questo retaggio di un apparato burocratico sostanzialmente forgiato dal fascismo e nel fascismo ha continuato a pesare negativamente per molti anni - è inutile negarlo - anche sul ministero del Lavoro della neonata democrazia italiana”.

Il giovane Caponetto, dunque, rimane subito colpito, s’innamora e sposa, in quell’ormai lontano 1944-45, la causa del sindacato. E sarà proprio lui, per una serie infinita di circostanze e di precisa volontà, ad essere incaricato dall’amministrazione provvisoria anglo-americana di dar vita ed organizzare la “forma sindacato” in Italia. A questo Caponetto si dedicò, letteralmente seguendo le truppe alleate via via che avanzavano dalla sua Sicilia verso il nord del Paese e liberavano sempre nuove zone della penisola.

“La svolta del nuovo incontro
con l’allora ministro Gronchi”

E è ad Italia completamente liberata, ad Italia che si è data ormai la forma istituzionale di democrazia parlamentare repubblicana, ad Italia che (siamo a cavallo tra la fine degli anni ‘40 ed i primi anni ‘50) sta faticosamente lavorando alla ricostruzione morale e materiale, che Caponetto incontra nuovamente l’allora ministro del Lavoro Giovanni Gronchi (sarà più tardi eletto presidente della Repubblica). Inizia praticamente da qui il lungo cammino di Claudio Caponetto all’interno del ministero del Lavoro.

SIAECM Progetto Cultura della Sicurezza - Claudio Caponetto

“La Costituzione non attuata:
per primo, il ritardo delle Regioni”

“Una parte della Costituzione - dice ancora Caponetto - non venne attuata. Mi riferisco certo alle Regioni, che rappresentavano il concetto e la cultura del decentramento in antitesi al concetto ed alla cultura dell’accentramento statale su Roma: hanno visto la luce solo nel 1970 (cioè quasi venticinque anni dopo la carta costituzionale) e, per giunta, senza avere alle spalle ed a supporto una legge-quadro. Un vero disastro”.

“Ma mi riferisco anche, per quanto riguarda il mondo del lavoro,
- prosegue Caponetto - agli articoli 39 e 40 (diritto di sciopero e regolamentazione del dirito di sciopero - n.d.r.) che a tutt’oggi non sono stati attuati come prevedeva la carta costituzionale”.

“La Costituzione non attuata:
ancor’oggi, gli articoli 39 e 40”

“In quei primi anni ‘50 - ricorda ancora Caponetto - con Leopoldo Rubinacci organizzammo su questo un convegno a Palermo. Poi, Rubinacci divenne ministro del Lavoro. Io collaboravo strettamente con lui ed insieme decidemmo di presentare al Senato un disegno di legge sull’attuazione degli articoli 39 e 40. Ma prima sondammo le forze politiche. E fu il capogruppo a Palazzo Madama della DC che, anche a nome delle altre forze politiche della maggioranza ma persino dell’opposizione di sinistra, ci disse chiaramente che tutti consigliavano per il momento di non presentare questo disegna di legge e di temporeggiare su questo delicato argomento. Tutti d’accordo. Tanto che ancor’oggi gli articoli 39 e 40 non hanno trovato quell’attuazione che la carta costituzionale voleva”.

E si capisce nettamente quanto questo sia ancora vissuto come cruccio personale in questo Uomo che ha dedicato con passione un’intera vita a tutti i complessi problemi del mondo del lavoro.

Una passione che Caponetto ha messo anche nel ruolo di consigliere della Corte dei Conti. Carica tanto prestigiosa, quanto da lui non “cercata”,
“Il 22 febbraio del 1980 - è lo stesso Caponetto che ce lo ricorda - il Consiglio dei ministri al mattino mi nomina consigliere della Corte dei Conti. Alle 21 di quello stesso giorno, fu costretto a riunirsi nuovamente: per prendere atto della mia non accettazione e, quindi, annullare la mia nomina. A febbraio del 1984 sono andato in pensione (da direttore generale del ministro del Lavoro - n.d.r.) e undici mesi dopo, esattamente il 22 dicembre, sono stato nominato nuovamente consigliere della Corte dei Conti”.

Questa volta Caponetto non dice di no. Ma resta scettico ed è deciso a trovare risposta alla domanda che si è posta: chi e perché mi ha proposto per questa nomina? La risposta la trova nel giro di pochissimo tempo. Il giorno stesso dell’insediamento, infatti, viene chiamato dall’allora presidente della Corte dei Conti, Pirrami Traversari. E da lui arriva la risposta: è stato lo stesso Pirrami a volerlo come consigliere. Non solo. Il presidente prende da un cassetto della scrivania due delibere già preparate e da lui firmate: la prima nomina Caponetto responsabile dei rapporti con le istituzioni ed il parlamento; la seconda lo incarica formalmente di studiare e preparare un progetto di riforma della stessa Corte dei Conti. E riforma fu.
Arriviamo al 1986. Carlo Donat Cattin viene nominato ministro della Sanità e chiede a Caponetto di fargli da capo di Gabinetto. Ma lui rifiuta. Nel 1987, Donat Cattin viene nominato per la secondo volta ministro della Sanità e torna a chiedere a Caponetto di guidare il suo Gabinetto. Questa volta non è proprio possibile un altro “no”.

Ma anche nel nuovo ruolo, i “vecchi amori” tornano a bussare alla sua porta.
“Erano i primi di settembre del 1987 - ci racconta - quando, in un ministero ancora semideserto per il periodo delle ferie, venne a parlarmi un gruppo di cinque ispettori del lavoro, passati al ministero della Sanità per effetto della riforma del 1978. Sono nove anni - mi dicono - che non facciamo assolutamente niente, che rubiamo lo stipendio; ma non possiamo far niente, dato che manca ancora il regolamento di attuazione della riforma per questo settore. A quel punto, - prosegue Caponetto - chiamo al telefono il consigliere Passanisi del TAR di Palermo e lo prego di metter subito mano allo studio ed alla stesura di questo regolamento. Fu fatto ed approvato in un anno. Nel frattempo, le ispezioni furono portate avanti dalle USL”.

Restano comunque ancora, secondo Claudio Caponetto, alcune incomprensibili zone d’ombra nella metodologia di ispezione sui posti di lavoro. Una di queste è, a suo parere, la presenza di un nucleo dei Carabinieri all’interno dell’Ispettorato del Lavoro.

“Non ho mai capito
- afferma - il perché. Per rafforzare l’organico riducendo il costo per lo Stato? Direi proprio di no, visto che un carabiniere di questo nucleo costa all’erario, per effetto delle varie indennità di rischio, molto più di un ispettore. E Perché, poi, in tempi recenti l’organico di questo nucleo dei carabinieri è stato notevolmente rinforzato? Perché, infine, sempre in tempi recenti il nucleo non è più alle dipendenze della direzione generale dell’Ispettorato del Lavoro, bensì a quelle dirette del ministro?”.
Disfunzioni operative a parte, per Caponetto il vero problema di fondo è un altro.
Certo - dice - le norme, le buone norme sono un grosso passo in avanti e servono a molto. Certo: occorre andare ancora oltre la pur valida “81” ed è “giusta e pienamente condivisibile la proposta di Saporito di metter mano ad un vero e proprio Codice della sicurezza sul lavoro”. Ma il vero problema di fondo resta un altro.
“L’ispettore del lavoro - dice - va in giro. Ma va a constatare dove è avvenuto l’incidente, non a fare opera di prevenzione. Come le ho detto all’inizio, il nocciolo del problema sta in un’efficace opera di prevenzione degli infortuni sul lavoro. E la prevenzione è un problema di educazione, di saper creare in tutti una cultura della sicurezza”
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 Ultimo aggiornamento 15/11/2009
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